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“Cosa succede quando la spalla esce?”

La spalla è l’articolazione, o meglio il complesso di articolazioni, più mobile del corpo umano.
Garantisce l’orientamento del braccio e della mano in tutti i piani dello spazio, offrendo la possibilità di raggiungere e sostenere oggetti sopra la testa, dietro la schiena, di lato ecc.
Da un lato tutta questa mobilità è funzionale alle attività della vita quotidiana, ma qualora questa mobilità venga alterata, ne risentiamo immediatamente e in grave misura. Le alterazioni della mobilità possono essere in ipomobilità (artrosi, sindrome della spalla congelata) o in ipermobilità (distorsione, sublussazione, lussazione, sindrome della spalla instabile).

Quali sono le cause?

La spalla instabile è una situazione invalidante che può aver origine da due condizioni:
Evento traumatico: una caduta o un movimento brusco in determinate posizioni del braccio possono generare delle forze tali nell’articolazione che le strutture di contenimento (legamenti, capsula, cercine glenoideo) non riescano più a mantenere la testa dell’omero nella sua sede.

Si arriva quindi prima alla distorsione e successivamente alla sublussazione e lussazione articolare, con perdita completa dei rapporti articolari e lacerazione delle strutture molli che agiscono sull’articolazione (legamenti, tendini, muscoli, borse mucose).
Instabilità acquisita senza trauma: determinate attività lavorative e soprattutto sportive possono prevedere dei movimenti ripetitivi in spazi dove l’articolazione è già per sua natura meno stabile. Un esempio classico è la spalla del lanciatore (baseball, giavellotto ecc): le strutture di contenimento articolare vengono continuamente sollecitate in stiramento e allungamento inducendo un progressivo sfilacciamento delle fibre.

Le condizioni di familiarità per lassità legamentosa aumentano la probabilità di sviluppare una spalla instabile sia post traumatica che acquisita. In questo caso le strutture di sostegno dell’articolazione sono geneticamente più elastiche e permettono un’escursione articolare maggiorata alla persona.

Cenni anatomici spalla

La spalla è costituita da 5 articolazioni distinte:
-Gleno omerale
-Acromion clavicolare
-Sterno clavicolare
-Scapolo toracica
-Sottoacromiale

Ciascuna di queste articolazioni fornisce una parte del movimento complessivo della spalla. E ciascuna di queste articolazioni contribuisce alla stabilità globale della spalla, anche se è la glenomerale quella maggiormente interessata da fenomeni di ipermobilità. I suoi legamenti e la sua capsula articolare forniscono la stabilità passiva, mentre l’attivazione dei muscoli della cuffia dei rotatori (sopra e sottospinato, piccolo rotondo e sottoscapolare) fornisce un centraggio dinamico della testa dell’omero durante il movimento, generato dai muscoli mobilizzatori superficiali (deltoide, trapezio, romboidi, gran pettorale, gran dorsale e altri)

La lussazione traumatica

Quando la spalla supera il limite fisiologico di mobilità in maniera forzata e le superfici articolari perdono la loro normale congruenza, parliamo di lussazione. È una condizione traumatica, spesso dovuta a cadute o movimenti bruschi di torsione in estensione e rotazione esterna del braccio. Il malcapitato percepisce un secco “crack” nell’articolazione e riferisce fin da subito un gran dolore diffuso a tutta la spalla, impossibilità a muovere il braccio e deformità evidente della spalla.

Le lussazioni più frequenti sono quelle anteriori, quando la testa dell’omero esce dalla sua sede e si sposta verso il petto o verso il costato.
È importante non cercare di riposizionare l’articolazione per non rischiare di danneggiare vasi sanguigni e nervi durante tale manovra, che deve essere svolta da personale medico in ospedale.
Una volta ridotta la lussazione e riposizionati i capi articolari in sede, si prevede un periodo di immobilizzazione con un tutore, per un tempo variabile dalle 2 alle 4 settimane, che consenta ai tessuti danneggiati di cicatrizzarsi.

Dopo tale periodo di immobilità inizia la riabilitazione vera e propria che si può dividere in tre fasi:

Riduzione del dolore: l’evento traumatico ed il riposizionamento stressano notevolmente i tessuti. Durante il periodo in cui il paziente deve portare il tutore di protezione, il terapista potrà iniziare a lavorare sulla mobilità cervicale oltre che proporre degli esercizi con l’arto sano, in modo da creare una prima coscienza corporea da trasportare poi all’ arto immobilizzato.
Una volta rimosso il tutore, le metodiche di terapia fisica strumentale come il Laser Yag o la stimolazione Q-physio, presenti nel centro Spalla Top Therapy Fisiomed Italia, aiuteranno il paziente a ridurre l’edema dei tessuti, facilitando le prime manovre di mobilizzazione e massoterapia.
Generalmente si consiglia di mantenere o iniziare un allenamento aerobico generale, sulla cyclette o sul tapis roulant fin dalle prime fasi di riabilitazione.
Recupero della mobilità e del tono muscolare: la necessità di tener immobilizzato l’arto mal si sposa con la sua naturale mobilità. Bisognerà quindi porre grossa enfasi al recupero dei gradi  di movimento persi nel periodo in cui è stato portato il tutore.

A circa 3 settimane dal trauma si propongono i primi esercizi attivi con il braccio in scarico (ad esempio esercizi a pendolo), successivamente in elevazione con l’aiuto di carrucole od elastici. La stabilizzazione attiva con i muscoli della scapola e la contrazione selettiva dei muscoli della cuffia dei rotatori impegnerà il paziente per almeno altre 3/5 settimane.
Recupero della forza e della completa funzionalità: una volta che è stata raggiunta l’articolarità completa su tutti i piani (paragonata all’arto sano) inizia il lavoro duro. In questa fase, che va dal terzo al sesto mese post trauma, il paziente dovrà recuperare la forza muscolare e le capacità coordinative dell’arto. Vengono proposti esercizi con sovraccarichi e resistenze elastiche in tutte le direzioni, prediligendo quelle interessate dalla lesione iniziale. Le sedute di riabilitazione si trasformano progressivamente in veri e propri allenamenti di forza e resistenza.

Qualora il trauma sia derivato da una gestualità sport specifica, si inizia a reinserire la pratica sportiva nella routine di riabilitazione/allenamento, in maniera da far riacquisire al paziente la sicurezza necessaria allo svolgimento delle proprie attività sportive e in questa maniera prevenire recidive. La fisioterapia classica sul lettino in ambulatorio si trasforma progressivamente in fisiopalestra con la supervisione del laureato in scienze Motorie e infine al ritorno in campo, supervisionato dal personal trainer e allenatore.

L’instabilità acquisita

Diversamente dall’evento traumatico acuto, può succedere che le strutture anatomiche della spalla subiscano ripetute microlesioni a causa di atteggiamenti posturali estremi o per una ripetuta gestualità forzata negli ultimi gradi di movimento articolare. Come la goccia che piano piano erode la pietra ecc. È il tipico esempio della spalla del lanciatore, ovvero quella condizione in cui i ripetuti gesti atletici, allenati per ore ed ore al fine di renderli tecnicamente perfetti, portano invece a un progressivo danno anatomico per due meccanismi: compressione delle strutture molli sottoacromiali (borsa sottodeltoidea, tendine del sovraspinato) scivolamento anteriore della testa omerale e sfilacciamento dei legamenti glenoomerali e della capsula anteriore Il dolore compare solitamente solo durante l’esecuzione del gesto specifico, con calo improvviso della forza muscolare. Il paziente difficilmente riesce a localizzare il punto doloroso, riferendolo come interno e profondo.
Una volta confermata clinicamente dall’ortopedico la natura dell’instabilità riferita dal paziente, si stila un programma di esercizi progressivi che condurranno il paziente al pieno controllo della propria articolazione.

Il centro Spalla Top Therapy di Fisiomed Italia segue le più moderne linee guida in merito ai protocolli riabilitativi, adattandoli però alle singole esigenze di ogni persona. Un esempio di programma di ricondizionamento avanzato che spesso i nostri fisioterapisti usano è la Derby Shoulder Unit che prevede una sequenza di competenze da far acquisire al
paziente, mediante esercizi man mano più complessi.

E se la fisioterapia non basta?

In caso l’intervento riabilitativo non riesca a portare a risultati soddisfacenti per la qualità di vita del paziente o per un ritorno allo sport (solitamente agonistico) in piena sicurezza, si consulta il chirurgo della spalla per una stabilizzazione chirurgica. Le opzioni chirurgiche più utilizzate sono capsuloplastica artroscopica: dove il medico sutura letteralmente i tessuti lesionati, con un accesso artroscopico mini invasivo all’articolazione.

Stabilizzazione di Latarjet: questo è un intervento un po’ più invasivo che prevede la trasposizione del processo coracoideo della scapola sul margine anteriore della glena (la cavità che accoglie la testa omerale), stabilizzando così meccanicamente l’articolazione e impedendo alla testa omerale di traslare in avanti lussandosi.
In seguito all’intervento chirurgico il paziente porterà un tutore di protezione seguendo il periodo di riposo indicato dallo specialista e intraprenderà successivamente il percorso riabilitativo che lo porterà a:

-Gestire il dolore post chirurgico
-Riacquisire la completa articolarità
-Riprendere le proprie attività specifiche

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